8 gennaio 2020

INTERVISTA: Camilla Pisani

L'Anno Domini doppio 20 di Suoni Distorti si apre con un vero e proprio botto. Il condominio HgM è riuscito a formulare alcune domande (scritte, anche perchè dal vivo dubito che ci riuscirei), intervistando così la promettente artista audiovisiva Camilla Pisani. Il risultato ottenuto (per me) è davvero interessante, tante curiosità svelate, un piccolo salto nel recente passato e qualche sguardo verso un sicuro e roseo futuro. Mettetevi comodi, l'articolo è bello lungo.
Buona lettura.

- Camilla Pisani -

1.
Scrivici una breve presentazione per i disturbati lettori di queste violacee pagine: qualche cenno biografico, gusti musicali artisti preferiti etc.

Innanzitutto ti ringrazio per l’interesse e l’attenzione che mostri nei confronti del mio progetto musicale…
Ma passiamo alla domanda…allora, da dove iniziare…Non ti annoierò raccontandoti della mia infanzia e dell’attrazione che da sempre nutro nei confronti della musica, anzi dell’arte in genere; preferisco parlare della mia ricerca, che prende concretezza nel 2013 e si alimenta della mia formazione audiovisuale, in quanto si basa sul concetto wagneriano poi ripreso da Kandinsky, di “Arte Totale” e dalla potenza conoscitiva della “sinestesia”. Dunque, ciò che mi interessa è l’interazione di più forme espressive, in particolare, del segno grafico, del suono e dello spazio che cerco di plasmare servendomi della tecnologia e dei nuovi media digitali, con l’intento di proporre esperienze di fruizione multisensoriali e multimodali, segnate dal contemporaneo coinvolgimento della dimensione corporea, emotiva, cognitiva e sociale.
Credo che questo approccio sia dovuto alla mia personalità estremamente complessa e alla mia curiosità, vista però in senso positivo come ricerca costante di nuovi stimoli.
Applico ciò anche nei mei interessi e nei miei ascolti, infatti sono molto versatile, vado dai classici dell’elettro-acustica o gentiluomini come Satie ad artisti/gruppi come David Bowie, Devo, Wire, Talking Heads, a band appartenenti alla corrente dark wave \ industrial oppure minimal techno come quella proposta dalla Raster o da artisti come Polar Inertia, Ancient Methods, Silent Servant (giusto per fare qualche nome).

2.
Da ragazzino, coi soldini che mi diede mia madre, anzichè prendere un libro di scuola comprai la prima cassetta di Madonna, da allora credo di non aver mai smesso con gli acquisti. Hai un curiosa storiella da raccontare, insomma: quale è stato il tuo personale click di svolta, una canzone, un testo o altro?

Magari a qualcuno risulterà banale ma un giorno, avevo 13 anni, MTV trasmetteva “Smells like teen spirit” dei Nirvana e  dal quel momento, ho affermato la mia personalità. Fu un’esplosione emozionale enorme, di quelle atomiche, distruttive. Soddisfatta del mio essere prometeico, iniziai ad averla come ”scimmia sulla schiena” e a gonfiarmi di rabbia che poi sfogavo saltando sul letto nel mio microcosmo comunemente chiamato ”camera” oppure in quel vasto oceano abitato da tanti piranha, alias ”il liceo”; quel riff risuonava ossessivamente nella mia testa, quasi come un mantra. Si parlava del mio odore, quello di un’adolescente ribelle e nauseata. Penetrava nelle orecchie degli inganni, come un vento appena percettibile che si insinuava tra le rocce di un Io che avrebbe voluto essere solido e ben disegnato in ogni situazione. La cantavo (e la canto tuttora) con il pugno sul cuore, come se fosse un inno; l’Inno alla della mia giovinezza urlante e masochista. Bastavano pochi accordi per smuovere qualcosa dentro me ma era nel ritornello che uscivano fuori tutti i mostri ingoiati negli anni. Per me Cobain non è né un mito né l’ultima rockstar sulla faccia della Terra ma un’esperienza interiore, una cura alla vita di provincia che consuma più di un cancro, il mio amico rumorosamente invisibile. Sono sempre stata attratta dalla sua sensibilità, preludio perfetto dei soggetti tormentati. Una cosa ci accomunava: farsi del male riusciva bene ad entrambi. Forse è per questo che l’ho sempre sentito vicino, parte integrante del mio nulla.

3.
Ritrovo spesso associazioni col colore blu, addirittura amplificato, come la release con Banished Pills. Da cosa viene questo forte legame?

“Blue, blue, electric blue
That's the color of my room
Where I will live”
cantava David Bowie in Sound & Vision…
Il blu è il colore che meglio rappresenta la mia personalità; è intenso (si pensi ai dipinti di Klein), romantico (mi riferisco ai sentimenti espressi e decantati dalla corrente letteraria non come sinonimo di patetico eh), ha tante varianti, infinite sfumature…è il colore dell’infinito, del cielo, del mare…

4.
Come nasce un tuo disco: potresti spiegarlo?

Quando ho iniziato a produrre musica elettronica creavo la maggior parte dei suoni attraverso vst oppure con la chitarra che stretchavo e modellavo digitalmente… con il tempo, sono riuscita a comprare sintetizzatori, drum machine, campionatori ecc.. e adesso ho un approccio diverso. Le mie tracce sono il frutto di sovrapposizioni, “un taglio e cuci” di campioni creati con strumentazione analogica o field recording e poi modellate in modo da ottenere qualcosa di uniforme. Il brano quindi, non esce subito, ma c’è molto editing dietro.

5.
Hai un nuovo progetto parallelo da cui avverto spigolose nervature. Dall'unica traccia che si può ascoltare in rete sembri aver abbandonato quell'anima drone-ambient preferendo strutture più noise, geometrie meccaniche, suoni striduli e metallici che strizzano l'occhio all'industrial. Blue Like a Paradox (nome strabello) vedrà mai un rilascio fisico ufficiale? Cosa ha di diverso rispetto all'omonimo progetto?


BLAP nasce a seguito di un’esigenza, quella di distinguere il mio progetto audiovisivo da una nuova ricerca che sto portando avanti e che si basa principalmente sull’unione di pad atmosferici e riverberati con sequenze ossessive, meccaniche e fredde. Tutto ebbe inizio al termine della produzione di un album che uscirà a breve per Midira Records, in quanto mi sono scontrata con questa mia bipolarità musicale e con la voglia di lavorare materia nuova, qualcosa che non sapevo ancora gestire ma di cui mi accorgevo essere un elemento fondamentale della vita, ovvero il ritmo. Oltre all’album appena citato, pubblicherò un ep sotto il nome di Camilla Pisani e poi mi dedicherò principalmente alla definizione sonora di questa mia seconda entità analogica, decadente ed oscura.

6.
I tuoi live mi pare siano sempre accompagnati da performance visive. Quando ti vedremo come autrice di colonne sonore? Rientra nelle tue ambizioni? Se sì, che tipologia di film?

Inutile dirti che la componente visiva è un aspetto fondamentale nella musica che produco. Infatti, ho sempre in mente un’immagine di quello che andrò poi a suonare. Sì, mi piacerebbe molto fare qualche sonorizzazione, magari di un vecchio film espressionista tedesco o del cinema indipendente scandinavo di cui adoro la fotografia e il fatto che unisca riprese paesaggistiche a trame ed intrecci psicologici abbastanza inquietanti.

7.
Perchè hai scelto la deriva elettronica ? (Ho scritto di proposito deriva perchè non sai mai dove ti può portare).

Ho un passato da chitarrista ma non ho mai pensato di formare una band; questo perché ho sempre avuto un rapporto piuttosto intimo con la musica e poi nelle band scattano dinamiche che il mio carattere non avrebbe sopportato. Sin dai primi anni, suonavo lo strumento in maniera atipica, odiavo “le canzoni da spiaggia” e la chitarra ritmica. Poi quando mi sono trasferita a Roma ho incominciato ad interessarmi seriamente alla musica elettronica e ho subito pensato che quella fosse la declinazione con la quale potevo esprimere meglio il mio mondo interiore perché come dicevo all’inizio, mi dà la possibilità di unire e far interagire tra loro più forme artistiche.

8.
È più facile dare una solida identità ai tuoi lavori avendo un background da Visual Graphic Designer?

Come dicevo qualche domanda fa, la componente visiva è fondamentale nel mio lavoro e ogni volta che produco una traccia ho un’immagine chiara in testa… infatti, sono molto critica riguardo al visual che presenterà l’album e preferisco occuparmene personalmente; è stato così per Lithium Salt, lo sarà per Frozen Archimia e chissà cos’altro…

9.
Dove vuoi arrivare? Voglio dire, ti sei mai proposta (o qualcuno ti ha contattato) per una etichetta un po' meno di nicchia (leggasi Important Records e Editions Mego per Caterina Barbieri)?

Ho un grosso problema: non mi mi prendo sul serio e non ho nessun tipo di velleità se non quella di portare avanti la mia ricerca. Ho iniziato a suonare perché mi faceva e mi fa stare bene; non mi sono mai proposta ad etichette di nessun genere, soprattutto a realtà più solide. Questo avrebbe significato caricarsi di pressioni che mi avrebbero fatto odiare la musica e non me lo posso proprio permettere. Ho accettato di collaborare e produrre per label di cui apprezzo e condivido l’approccio come le mie tanto amate Sounds Against Humanity e Mu Versatile Label. Se poi in futuro, qualche nome grosso si accorgesse di me ne sarei onorata ma non cambierei orientamento, alla base ci sarebbe sempre la voglia di comporre un po’ per divertimento un po’ per catarsi.

10.
Diatriba che probabilmente non avrà mai fine: puoi spiegare ai 'classic rockers' che ciò che realizzi si può definire ugualmente musica.

È improprio definire ciò che produco “musica”; non sono una grande amante della melodia. Preferisco parlare di suono, un’entità fisica composta da determinati parametri con il quale mi piace giocare…

11.
L'artista (qualunque arte esprima) esisterà finchè ci saranno i collezionisti. Entro nel dettaglio: personalmente trovo noioso l'ascolto di un intero album attraverso un computer, ma è comunque un preliminare e utile approfondimento per chi ha ancora un briciolo di curiosità. Il formato digitale, i download e il web con tutti i sottoprodotti che facilitano l'ascolto immediato sono un danno? Finiranno un giorno i collezionisti? Perchè secondo me il mondo musicale (perlomeno quello underground) sembra aver percepito questa malattia terminale, altrimenti come spiegarsi questo ritorno vintage alle audiocassette e vinili?


Internet ha favorito una maggiore diffusione di musica, roba fantastica che magari non avremmo mai ascoltato… allo stesso tempo software come Ableton hanno dato a tutti la possibilità di cimentarsi con campioni e clip ma io credo nella selezione naturale… solo i più meritevoli o coloro che hanno avuto la fortuna di ricevere la spinta più forte o gli amici giusti…  riusciranno ad andare avanti. Per quanto riguarda il formato, indubbiamente i supporti fisici (vinile, cassetta) garantiscano un ascolto e una resa migliore. Purtroppo però, sono davvero in pochi a comprare soprattutto gli album di artisti indipendenti… e qui entrano in gioco la tecnologia e le piattaforme online che danno una visibilità e una dignità alle nuove realtà e a quelle più piccole. Molti poi, ne fanno un business vendendo copie a cifre assurde… ecco io non condivido questa logica, sono piuttosto idealista anche se mi rendo conto che è un’industria anche quella culturale\musicale ed è soggetta alle sue regole ciniche.

12.
Trovo bugiardi coloro che affermano con autorevolezza 'io ascolto di tutto'. Non è una questione di 'apertura mentale' ma piuttosto mancanza di conoscenza di se stessi. È impossibile, ad esempio HgM odia lo ska, il reggae e il punk (tranne l'estetica). Il tuo parere?

Non mi piace parlare di generi, è riduttivo, è limitante… come dicevo prima sono una persona molto curiosa, soprattutto di musica quindi ascolto con grande interesse tutto (o quasi) ma ovviamente, dopo aver fatto la spugna elaboro una selezione e seguo le mie inclinazioni.

13.
Il concept di Lithium Salt ha provato a sondare le instabili menti umane. Per quanto il tema si possa vedere in maniera simile è pur sempre il frutto (notevole) di una lavoro a due menti, questo può significare (credo) scendere a compromessi. Da uno che ama la vita da eremita, mi domando: è più facile una collaborazione oppure avere la mente libera, partendo da un'unica idea, plasmando così un album da soli?


Per il mio essere estremamente precisa, pignola e fuori di testa… collaboro difficilmente ma con Edoardo siamo molto simili anche se apparentemente distanti sia musicalmente che caratterialmente… abbiamo la stessa visione dell’arte e lo stesso approccio. Ci impegniamo affinché esca roba di qualità (o almeno ci proviamo), qualcosa di mentale e ben strutturato… ci interessa l’idea di base e il modo in cui verrà poi sviluppata, insomma…il fare ricerca.

14.
Se puoi anticipare il futuro: cosa bolle in pentola?

A breve uscirà un album per Midira Records che ha un concept a me molto caro, più in là un ep con un’etichetta sudamericana di cui non faccio ancora il nome, e poi come anticipavo prima… mi dedicherò al mio secondo progetto musicale. Qualche installazione e qualche live, remix e collaborazione con cui spezzerò l’attività di produzione… e ad aprile finalmente materializzerò il mio esordio…

15.
Chiudo come al solito le interviste in questa maniera: se hai una domanda per il violaceo condominio, questo è il momento, altrimenti ora o mai più.

HgM mi sostiene dall’inizio, da quando creavo ambientazioni sospese e sognanti… non dirmi che in fondo sei anche tu un fottuto romantico?! Io sicuramente una grande provocatrice (sorriso sarcastico).

Risposta: ...sicuramente RockMantico. Grazie per la disponibilità.

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