- The Insincere Sympathy Of The Faraway Stars -
Pull the strings of emotion.
Take a ride into unknown pleasure.
Take a ride into unknown pleasure.
- Boy George -
Siamo terrorizzati. Un po’ per la caratura del polistrumentista torinese, ma soprattutto perchè l’ultima volta - e anche unica – che scrissi due righe su Fabrizio Modonese Palumbo fu riguardo Doropea. Un articolo diciamo quantomeno sfortunato, tant’ è che nei giorni successivi alla pubblicazione ricevetti nella casella di posta alcuni chiamiamoli rimproveri perché, a quanto pare, non vi era traccia di argomenti strettamente tecnici (strumentazione usata, etc.) ma soltanto personali storielle/sensazioni, e che, a loro avviso, non c’azzeccavano nulla col disco.
C'est la vie, fatevene una ragione, purtroppo HgM non è un musicante ma semplicemente un curioso ascoltatore. E così, con la stessa procedura di sempre, mentre comincia l’audio, parte anche questo nuovo scritto in una sorta di leggera differita, cercando di isolarsi il più possibile (ma questo ci viene bene) e chiamando a raccolta tutti gli ospiti mentali del condominio ascoltando ogni loro suggerimento.
Spie accese, circuiti neuronali a posto (si fa per dire), facciamo partire il nastro: titolo The Insincere Sympathy Of The Faraway Stars, rilasciato in 70 copie dalla torinese Delete Recordings di Luigi Pugliano alias Lule Kaine. Sono necessari quei pochi secondi di dronica introduzione dilatata nello spazio-tempo per comprendere che questo secondo (solo?) lavoro di studio si preannuncia introspettivo e ricco di spunti per chi ha abilità a viaggiare con le emozioni.
Rileggo il titolo, mi distraggo un attimo osservando la copertina, e tempo un microsecondo si palesa l’immagine della sonda New Horizons, proprio quella che arrivò ai confini del sistema solare documentando più volte Plutone e oggi - con disprezzo al genere umano e di questa deriva mondiale friendly fascist - diretta all'esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima (citazione da Star Trek).
Nonostante la cover continui ad ispirare l'esplosione di una supernova cerebrale, durante l’ascolto la deriva si sposta su quel ticchettio, invasivo e perforante a livello nervoso quanto la tortura della goccia cinese, percependolo come un susseguirsi di scatti fotografici che scansionano il vuoto dell’universo cercando di immortalare quella misteriosa materia oscura.
Tra una accelerazione e l’altra (vedi i passaggi intorno al minuto 15), quello che (mi) rimane da questo interminabile viaggio interstellare, sono malinconiche istantanee immagazzinate in un malfunzionante hard disk da una solitaria e minuscola navicella galattica che non vuol saperne di tornare indietro in un passato che ormai non esiste più (intorno al minuto 19), rassenerandosi ed estasiandosi attraverso abbaglianti e futuristiche visioni, e delicati frastuoni di sciami di stelle cadenti (circa minuto 25)... e senza assumere droghe, direi che non è poca cosa.
Obbligatoria cuffia e luce bassa come foste in una cripta, dopodiché mettetevi comodi perché è un percorso lungo molti minuti, anzi, Parsec, e non vi aspettate voti, quelli si danno in chiesa.
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