... cofanetto straconsigliato agli amanti del pianoforte, del violoncello e delle sperimentazioni. Vi lascio la solita recensione che abbiamo scritto per la webzine The New Noise: abbiate pietà.
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Erik Satie uguale hors
catégorie? No, se ci sono compilation come queste che trasmettono
gradevoli sensazioni e consentono l’ingresso nel suo universo. Comunque sia,
mentre scrivo sto tremando lo stesso, neanche quando affrontai i Cranioclast
provai così tanto imbarazzo e terrore. In quel caso la tentazione fu il tape
Cris Con Tala; qui, invece, il richiamo è dato dalla voce del pianoforte
(strumento che adoro, assieme al violino e al violoncello) che sussurra di
scrivere queste poche righe su questo cofanetto rilasciato dalla francese Arbouse,
dove artisti moderni più o meno conosciuti s’incontrano, omaggiando (ad esempio
Peter Broderick) o rivisitando (vedi Rachel Grimes) alcuni estratti di opere
del noto compositore e pianista francese scomparso nel 1925.
Chi si è perso, come me, il primo volume uscito nel 2011,
ora può rimediare, perché ai medesimi due cd precedenti si è aggiunto un terzo
con nuove tracce e artisti diversi. Sempre che vogliate cominciare l’ascolto in
ordine numerico, l’introduzione si differenzia dagli altri capitoli (dove è
forte la presenza della malinconia) poiché mostra sonorità più moderne, o se
volete meno classicheggianti. Saltiamo senza problemi dall’ambient (quasi)
cosmica di Steve Peters e Minotaur Shock ai rumorismi post-industrial di
Chessie, passando per le sulfuree atmosfere drone e dark ambient di Max
Richter. E se le novelle tristi e sognanti che fuoriescono dalle corde del
violoncello della meravigliosa Julia Kent si mescolano con le cinematiche note
di Akamatsu e Moinho e con quelle avanguardiste di Danny Norbury e Fred
Lonberg-Holm, allora non avremo difficoltà a incontrare anche le velate
coperture noise e field-recordings di Library Tapes e l’elettroacustica glitch
di Sylvain Chauveau. Anche qui non mancano i soliti ectoplasmi, quelli
birichini che volteggiano nella sala cercando di distrarre l’attenzione
scaricando ermetiche frequenze drone-noise (Rafael Anton Irisarri &
Goldmund). Affascinante e ben riuscito il sodalizio dai risvolti orientali fra
l’arpa di Beatrice Martini e gli effetti elettronici di Robert Lippok. Scende
perfino qualche lacrima dagli affreschi sbiaditi di Pan American e Nils Frahm,
mentre Eluvium, coi i suoi lunghi e gotici drone, sonorizza la sacra cerimonia
religiosa in onore del defunto artista. Estremamente felice nel rileggere i
nomi della britannica Susan Matthews e della francese Delphine Dora, l’ultima
volta fu nel 2009 assieme al napoletano Salvatore Borrelli aka (etre), ma il
brano che più mi ha colpito è quello degli Astrïd: un racconto da tramandare,
un esplosione di emozioni, un alternarsi di colori, una ballata triste,
un’apoteosi ambient-folk e chi più ne ha più ne metta.
Mica male, ho vinto qualche ora di relax,
rinunciato a pensare a cose orrende e ho anche messo a nanna gli ospiti. Che
ve lo dico a fare, il box è assolutamente consigliato… a tutti!
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