23 maggio 2015

ARTISTI VARI - Erik Satie & Les Nouveaux Jeunes Version 2 [Arbouse, 2015]

... cofanetto straconsigliato agli amanti del pianoforte, del violoncello e delle sperimentazioni. Vi lascio la solita recensione che abbiamo scritto per la webzine The New Noise: abbiate pietà.

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Erik Satie uguale hors catégorie? No, se ci sono compilation come queste che trasmettono gradevoli sensazioni e consentono l’ingresso nel suo universo. Comunque sia, mentre scrivo sto tremando lo stesso, neanche quando affrontai i Cranioclast provai così tanto imbarazzo e terrore. In quel caso la tentazione fu il tape Cris Con Tala; qui, invece, il richiamo è dato dalla voce del pianoforte (strumento che adoro, assieme al violino e al violoncello) che sussurra di scrivere queste poche righe su questo cofanetto rilasciato dalla francese Arbouse, dove artisti moderni più o meno conosciuti s’incontrano, omaggiando (ad esempio Peter Broderick) o rivisitando (vedi Rachel Grimes) alcuni estratti di opere del noto compositore e pianista francese scomparso nel 1925.

Chi si è perso, come me, il primo volume uscito nel 2011, ora può rimediare, perché ai medesimi due cd precedenti si è aggiunto un terzo con nuove tracce e artisti diversi. Sempre che vogliate cominciare l’ascolto in ordine numerico, l’introduzione si differenzia dagli altri capitoli (dove è forte la presenza della malinconia) poiché mostra sonorità più moderne, o se volete meno classicheggianti. Saltiamo senza problemi dall’ambient (quasi) cosmica di Steve Peters e Minotaur Shock ai rumorismi post-industrial di Chessie, passando per le sulfuree atmosfere drone e dark ambient di Max Richter. E se le novelle tristi e sognanti che fuoriescono dalle corde del violoncello della meravigliosa Julia Kent si mescolano con le cinematiche note di Akamatsu e Moinho e con quelle avanguardiste di Danny Norbury e Fred Lonberg-Holm, allora non avremo difficoltà a incontrare anche le velate coperture noise e field-recordings di Library Tapes e l’elettroacustica glitch di Sylvain Chauveau. Anche qui non mancano i soliti ectoplasmi, quelli birichini che volteggiano nella sala cercando di distrarre l’attenzione scaricando ermetiche frequenze drone-noise (Rafael Anton Irisarri & Goldmund). Affascinante e ben riuscito il sodalizio dai risvolti orientali fra l’arpa di Beatrice Martini e gli effetti elettronici di Robert Lippok. Scende perfino qualche lacrima dagli affreschi sbiaditi di Pan American e Nils Frahm, mentre Eluvium, coi i suoi lunghi e gotici drone, sonorizza la sacra cerimonia religiosa in onore del defunto artista. Estremamente felice nel rileggere i nomi della britannica Susan Matthews e della francese Delphine Dora, l’ultima volta fu nel 2009 assieme al napoletano Salvatore Borrelli aka (etre), ma il brano che più mi ha colpito è quello degli Astrïd: un racconto da tramandare, un esplosione di emozioni, un alternarsi di colori, una ballata triste, un’apoteosi ambient-folk e chi più ne ha più ne metta.

Mica male, ho vinto qualche ora di relax, rinunciato a pensare a cose orrende e ho anche messo a nanna gli ospiti. Che ve lo dico a fare, il box è assolutamente consigliato… a tutti!

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