14 marzo 2020

GASPAROTTI - Istantanee [DioDrone, Dorwald, Il Dio Selvaggio, 2019]

- Istantanee -

Che siano per sempre benedetti i periodi di quarantena! Già, perchè si riesce a trovare un pochino di tempo libero da dedicare agli ascolti e, conseguentemente, ai nostri soliti e strambi racconti. 
Il lavoro che verrà (mal)trattato ci è pervenuto dalla bassa Lunigiana da Gabriele Gasparotti: musicista sperimentale, videomaker e tante altre belle cosine. 
Sul finire dello scorso anno, in un'epoca precedente al Covid-19, esce Istantanee (peraltro parole che da queste parti piace moltissimo), però Vol.1, che vale a dire: aspettiamoci altri capitoli. Perchè il buon Gasparotti ha scelto come titolo Istantanee? Semplice: è la trasposizione del concetto di fotografia analogica - dove quell'attimo impresso su pellicola non potrà mai più essere alterato se non tramite l'utilizzo di apposite attrezzature che influenzano la luce - applicato ai propri studi sperimentali sulle capacità di espressione degli strumenti, e fin qui tutto abbastanza comprensibile, anche perchè, grosso modo è la spiegazione che lo stesso dà del proprio lavoro.

Rimanendo in tema di istanti (traduzione: l'arrivo degli improvvisi e deliranti suggerimenti mentali), e visto che la presa diretta piace, con blocknotes e matita in mano, cercheremo di analizzare passo passo, trasformando le sonore istantanee, nelle consuete lisergiche impressioni. Così, con cuffia ben posizionata nel padiglione auricolare, serrande ovviamente giù modalità intimidazione e crepuscolare e miciona che dorme beata, cominciano ad arrivare i primi impulsi neuronali. Dalle primissime gocce di elettronica si percepisce immediatamente una struttura vintage. L'effetto iniziale da frustata elastica e l'inquetante melodia da film giallo-horror indiscutibilmente gobliniana (n°1) lascia il passo a impercettibili accenni di sonorità grezze e ruvide che riportano a sbiadite soundtrack di pellicole di fantascienza anni '50: il rumore di un malandato cuore pulsante, il suono valvolare di una aritmia generata dallo sfregamento dei due ventricoli cardiaci (n°3). Le geometrie marcatamente etnico-ambient (n°2) che dipingono e sonorizzano lo scenario con colorazioni floreali, finendo per saturare e igienizzare l'atmosfera con vegatali molecole emesse da un rigoglioso giardino botanico (n°2), non permettono ai nocivi batteri ricoperti di lugubri membrane di infettare l'asetticità del contesto attraverso le proprie vibrazioni lunghe, meste e apocalittiche (n°8). 
Ritmiche esotiche dai toni melodrammatici (n°9), innovative techiche meno invasive di agopuntura (n°10) e malinconiche e sfocate cartoline dai tratteggi color fondo di bottiglia rotto (n°11), anticipano la chiusura del disco attraverso tiepide sfumature disturbanti per la mente, ed infatti, ho avuto, appunto, l'istantanea di un deserto e silenzioso parco giochi per bambini che, privo delle gradevoli e intime melodie, viene sopraffatto dalle rifrazioni sonore e dalle glaciali litanie emesse dalle grigie costruzioni in cemento armato che lo circondano (n°13).

Istantanee, per la ricercata purezza dei suoni e per la marcata attitudine retrò, per certi (molti) versi ha ricordato un live di qualche anno fa tenutosi a Torino di un altro genio delle sperimetazioni elettroniche, ovvero Thighpaulsandra. L'album lo potete trovare in vinile e cd presso tutte le edicole, ooopps, no, solo attraverso la Dio Drone, la Dornwald e Il Dio Selvaggio, e in questi periodi di quarantena, da reclusi in casa, è sicuramente un ottimo ascolto.

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