1 maggio 2016

LYMPHA OBSCURA - Ghosts From The Voynich Manuscript [Naked Lunch, 2015]

- Ghosts From The Voynich Manuscript -

Lympha Oscura è il nuovo progetto artistico del duo Dbpit/Xxena e risalente a qualche anno indietro. Per una strana coincidenza Ghosts From The Voynich Manuscript esce quasi in simultanea con quei racconti malinconici presenti in quel gioiellino di White Stories Of Black Whales. Per chi non conosce ancora o non ha mai visto puntate di History Channel o di Focus, il Monoscritto Voynich è quel libro del 1400 scritto con un sistema di scrittura che a tutt'oggi non è stato ancora decifrato: mistero, fascino o grossolana burla? Poco importa, l’uomo ha comunque sempre il desiderio di credere in qualcosa di soprannaturale, di ricercare e sprofondare in nerissimi abissi, quindi ben vangano studi come questo, peraltro ben confezionati, quindi rilasciare qualcosa che non sia soltanto cd, vinile o tape pare non basti più al duo romano, infatti, dopo il precedente color-box, qui riescono a mescolare insieme le arti della musica, della poesia e fotografia. 

Le musiche composte abilmente come sempre da Dbpit e Xxena si intersecano con la poesia dei due testi di Fabio Magnasciutti (compresa voce) e vengono immortalate nella memoria da cornici fotografiche dal piglio abbandono/decadente di Daniele Pinti, il tutto confezionato nel meraviglioso artwork in formato A5, edito dalla friulana Naked Lunch: da segnalare i video che la stessa Arianna Degni ha ricavato per l’occasione da alcune loro performance live (vedi Londra). E se nel precedente avevano affrontato una dark-ambient sfumata con tinte lacrimevoli, qui il suono si tramuta in un post-industrial di carattere rituale (Tamarea Galis), e in alcuni casi addirittura inquietante come l’evolversi di una imminente pestilenza mondiale (Cratea Albha). Il lavoro è articolato ovviamente su geometrie spettrali e poetiche quasi rinascimentali (mi riferisco all'osservare le immagini e leggere i testi mentre lo si ascolta), ma è infastidito e graffiato (nel senso buono) da rumorose interferenze metalliche che rimandano a complessi siderurgici (Salagus Anthaus) e inferni-noise danteschi (Jughea Martis). Personalmente, in alcuni momenti, quelli meno invasivi cerebralmente, ha ricordato quel concept di IHSV (2013) e nella fattispecie la traccia Index Librorum Proibithorum, ovvero quella sorta di poetica industriale in cui si scandiscono con fare tenebroso alcuni nomi eccellenti di geni del passato - indifferentemente dall’arte che rappresentano - e che sfumano in una corrosiva nebbia salina. 

Un ottimo lavoro a livello sonoro, 
ma anche uno di quelli dal bell'aspetto visivo: affrettavi!