29 giugno 2014

DAVE PHILLIPS - Homo Animalis [Schimpfluch Associates, 2014]


... al momento il miglior disco che abbiamo ascoltato. Vi lascio quella specie di recensione che ho scritto per la webzine The New Noise, spero vi piaccia.
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Che strano personaggio Dave Phillips. Di madre francese e padre inglese, ma nato e residente a Zurigo, in Svizzera. Tira avanti il carretto da circa 25 anni. Dagli esordi grindcore coi Fear Of God e quelli death-thrash metal dei Messiah, divagando attraverso qualche ottimo lavoro di field-recordings, come l’esotiche registrazioni indonesiane (“Suara Alam Indonesia”) e quelle degli insetti (“Insect”) che riportano immediatamente al lavoro di Graeme Revell – leader degli australiani SPK - “Insect Musicians” (1986), deve comunque la sua notorietà soprattutto alle urticanti sonorità noise dalle tinte oscure e post-industrial. Sono appunto questi estremismi, non soltanto sonori, che lo porteranno – intorno ai primi anni Novanta - a formare poi il collettivo Schimpfluch-Gruppe: una sorta di moderna rivisitazione o tributo ad Hermann Nitsch e il suo Wiener Aktionismus, comprendente noise-performer di tutto rispetto come, in alcuni casi Marc Zeier (G*Park), ma soprattutto Rudolf Eb.er (Runzelstirn & Gurgelstock), Joke Lanz (Sudden Infant) e Daniel Löwenbrück, titolare peraltro della etichetta berlinese Tochnit Aleph.

Giunge quindi il doppio cd “Homo Animalis”, e prima uscita della neonata Schimpfluch Associates. Supportato dallo straordinario lavoro al mastering di Riccardo Mazza dei Lettera 22, questo disco è composto da dieci tracce, realizzate – tranne due nel 2007 – nel periodo fra il 2009 e il 2011, tutte rielaborate e rivisitate, ottenendo quasi 160 minuti di frastuoni perversi e violenze acustiche. Non lasciamoci ingannare dal titolo, nessun rimando della razza umana a clave, caverne o cose simili, ma bensì,  come sottolinea lo stesso artista, il concept (Humanimal) è da considerarsi come una sorta di uomo primordiale e puro, libero da ogni legame materiale e religioso, orientato verso pensieri e concezioni spirituali, sociali e ambientali. Concetti, idee e teorie Humanimal ben spiegate all’interno del booklet attraverso brevissime frasi scritte e pensate dallo stesso autore.
Forse sarebbe meglio - come, dove e quando fate voi  - concentrarsi sul tema affrontato dall’album, anche perché le composizioni, nonostante il minutaggio, filano lisce come se niente fosse accaduto, e questo significa che sono ben costruite. Per queste tipologie di suoni, avere tanta immaginazione è una cosa fondamentale, per cui ogni ascoltatore, avendone per fortuna una propria, può captare e percepire sensazioni ed emozioni distinte.
Chi vi scrive non ne ha molta, o meglio, diciamo che l’ha consumata (quasi) tutta. Si va dai cavernosi rituali che culminano coi festeggiamenti attorno ad un fuoco (“The Less I Know”), alle corrosive scarnificazioni e purificazioni dovute a lavaggi intestinali e dell’animo con acido ossalico (“Rape Culture”), fino ad arrivare ai furiosi urlacci e alle esplosioni termonucleari di “Humanimal B”, e a guerre batteriologiche, le distruzioni di massa, il quarto conflitto mondiale combattuto a suon di decibel batterio-radioattivi (“Humanimal A”). Tutto ciò nel primo cd, mentre nel secondo si parte subito con “Novaturient”, intrecciando sfumature e posture di morte zerokamiane (Zero Kama) con il magnetismo post-industrial dei Das Synthetische Mischgewebe: come essere attraversati da un treno ad alta velocità, privo di massa ma saturo di una potente carica elettromagnetica. Le reminescenze dark-ambient da oltretomba di “Exipotic” fanno da contraltare agli angoscianti e profondi lamenti di “So… What?”. Chiude, infine, lo splendido assemblaggio noise derivato dagli effetti sonori di “Kelelawar”, amplificati all’ennesima potenza, rendendoli assai taglienti, per certi versi satanici, da girone infernale o meglio vampireschi. Mica per caso, per la cronaca, Kelelawar - in lingua indonesiana - è appunto il nome di quel grazioso animaletto volatile che qui chiamiamo pipistrello.

Nei giorni scorsi, per problemi vari, ho dovuto assumere antibiotici, antidolorifici e antidepressivi, quest’ultimi non è vero, scherzo, finora mai presi. Fatta la premessa, l’ascolto di “Homo Animalis” è stato più funzionale di tutti gli analgesici che ho testato, ma soprattutto è servito per uscire da una delle mie solite crisi di inquietudine mentale. L’inquieto che quieta, da queste parti, funziona sempre. Io personalmente il disco l’ho comprato, fatelo anche voi, anche se siete soggetti privi di qualsiasi turbamento.