26 febbraio 2014

PAOLA PRESTINI - Body Maps [Tzadik, 2008]

- Paola Prestini -

... eh beh, direi che è davvero una gran bella donna, no?

- Paola Prestini -

- Paola Prestini -

Dunque: italiana, ma residente (mi pare) in Messico o negli Stati Uniti già da molto tempo. Compositrice, attrice teatrale, e molte altre cosine cosine interessanti, nonché molto brava ... a mio parere.


"Body Maps" che vedete in copertina è - a quanto pare - il suo ultimo lavoro, risale al 2008 ed uscì nientemeno per la Tzadik di John Zorn. Percussioni varie, viola, violino et violoncello ... più una stupenda voce, perfino un soprano. Classica moderna o contemporanea che dir si voglia. Un disco meraviglioso.

 
... assaggiate/vedete un pochino questo video e buon ascolto!

9 febbraio 2014

RuMOre, LaCRiMe ... Et TuRbaMeNTi - VoL. 3


Tracklist:

AGONIJE - Testament
AKRONIA - Above You
BRUME - An Amphibian
CAROLINE K - Animallattice
DISJECTA - Kracht
ENDVRA - Nailed To The Cross Of Pluto
HERZ JUHNING - Anorexia
JAHRTAL - Der Wandernde Musikant
JOHN AVERY - Didjinoid
MINNY POPS - Minny Pops
NENIA - Lamenti
NOCTURNAL EMISSIONS - Vegetation Flesh
PHRAGMENTS - Chant Of The Forsaken
SCATTERED ORDER - Bent Up
UNTO ASHES - Teach Me How To Drown


... speriamo sia di vostro gradimento.

3 febbraio 2014

MAURIZIO BIANCHI - Celtichants [Alone At Last, 2012]


 
Vi lascio una mia vecchia recensione scritta per OndaRock ...
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Voglia il cielo che il lettore, imbaldanzito e diventato momentaneamente feroce come ciò che sta leggendo, trovi, senza disorientarsi, la sua via dirupata e selvatica attraverso gli acquitrini desolati di queste pagine oscure e venefiche.
- Conte di Lautréamont -

Queste poche righe sono state estrapolate dal Canto I dai “Canti di Maldoror” del poeta maledetto Isidore Lucien Ducasse, cui l’industriale maestro Maurizio Bianchi dedica questo suo ultimo lavoro. Semplici ma tenebrose parole d’introduzione: un monito, una porta d’ingresso verso incubi apocalittici di sopravvivenza post nucleare che possono derivare da un solo ascolto di “Celtichants”.

Fornito in un gustosissimo e ben confezionato digipack in cinquecento copie, di cui le prime cinquanta autografate dallo stesso Bianchi, “Celtichants” – coadiuvato anche in quest’occasione dalle autorevoli e sapienti mani di Pharmakustik (Siegmar Fricke) – è un album massiccio e roccioso, come le immagini di strutture basaltiche che accompagnano l’artwork, ma anche microstrutturalmente duro quanto il sarcofago in granito della tomba del faraone Cheope situato all’interno della grande piramide di Giza.
Potrebbe tranquillamente essere stato registrato all’interno di un sottomarino sovietico classe tifone, intrappolato e in caduta libera sotto i ghiacci della banchisa polare artica.

Le paratie stagne si accartocciano e implodono; rivetti, dadi, viti, bulloni, tubazioni in acciaio nitrurato e manometri di profondità, esplodono per l’elevata pressione esterna, mentre intanto il tasso d’anidride carbonica comincia a prevalere sulle riserve d’ossigeno, fino al raggiungimento del collasso cardiaco e cerebrale degli ormai miseri e disperati marinai.
Il maledetto battello continua la sua discesa verso gli oscuri abissi oceanici adagiandosi nel sabbioso fondale; il freddo e l’oscurità prendono il predominio, quando all’improvviso l’assoluto e profondo silenzio viene squarciato da echi, cori e riflessi angelici che si ostacolano, s’intrecciano e battagliano con infernali e glaciali soundscape per la contesa delle numerose anime ingabbiate all’interno del sommergibile.