30 novembre 2019

MARTA ARNAU MARTI - Aftermath [BeTon, 2019]

- Aftermath -

Il duo (vedi Harsh Nurse) Monica Isabel Sanchez (Tissa Mawartyassari) e Adriano Vincenti (Cronaca Nera, Macelleria Mobile di Mezzanotte e Signora Ward Records) ritorna nuovamente assieme attraverso lo pseudonimo di Marta Arnau Marti, rilasciando questo interessante lavoro dal titolo Aftermath.

Una sera decido di fare un esperimento, parlando con un collega di lavoro (anche lui granitico ascoltatore delle estreme sonorità death-metal) gli butto lì la frase: 'oh, lurido reietto umano, vuoi ascoltare quello che ho appena comprato?' Stranamente approva e così, soddisfatto, lo costringo alla brutale tortura sonora. Preparatevi, perchè sarà una recensione atipica, infatti, vi riporto più o meno il breve dialogo che avvenne durante gli ascolti, traccia per traccia.

Crash Aftermath
Reietto: somiglia a qualcosa tipo autocombustione dello smartphone.
HgM: forse sì, forse no, cominci bene, più che altro a me sembra uno smarthphone che non puoi maneggiare in quanto internamente vi sono tante lame retrattili e appuntite che fuoriescono non appena avvertono il contatto umano.

Marta
Reietto: tira vento?
HgM: se lo è, è sicuramente un radioattivo, derivato dalla energia collisionale di elettroni di plutonio.

Warm Fingers Upon Your Dead Cold Flesh
Reietto: cazzo, ma qui prende fuoco tutto (faccia stordita e malforme come se qualcuno gli avesse appena buttato in faccia una soluzione di acido solforico).
HgM: ma no, dai, sono semplicemente numerose urla dal silenzio (ricordando il film) che tentano invano di uscire da infernali abissi danteschi.

Consumed
Reietto: ...è tornato il vento di prima?
HgM: naaaaaa, questo non è vento, è solo aggressione virale causata da uno staffilococco aureo, stai tranquillo, ci si ammala, ma con cure adeguate di antibiotici si guarisce.

HgM: ...e quindi? Piaciuto?
Reietto: (null'altro che interminabili secondi di silenzio)
HgM: fantastico, ho le lacrime agli occhi.

Le 50 copie in formato CDr escono per la stratosferica per la Be-Ton: italica etichetta indipendente dagli artwork sempre interessanti dai quali tutti dovrebbero prendere appunti per l'originalità. È stato davvero un peccato aprire l'artwork per ascoltare il disco in cuffia, però mi sono assai goduto gli STREPITOSI allegati fotografici di Sara Ciscato.

29 novembre 2019

qqqØqqq & KAOSMOS - Sins and Destiny Revelations Under a Buried Sun [Casetta, Avosync, Solium, È un brutto posto dove vivere, Contemplatio, 2019]

- Sins and Destiny Revelations Under a Buried Sun -

Lo fate apposta, vero? Mi apprestavo a stilare la personalissima lista dei migliori ascolti di questo 2019, che all'improvviso esce questo split-tape fra il collettivo veneto qqqØqqq - già affrontato anni indietro assieme ai Murmur Mori e Yurugu's Speech, erano i tempi di The New Noise - e il solo project proveniente dalla Turchia KAOSMOS, del quale, visto che è stata una gran bella scoperta, cercherò di stare aggiornato su future produzioni.

Sins and Destiny Revelations Under a Buried Sun è il titolo. Volevate distrarmi, ma non ci casco, anziché accecarmi per scrutare le macchie solari, preferisco giocare nello scavare attorno al termine buried: già, perché in ciascuna di queste due lunghe tracce, roba sepolta sotto chilometri di gelide stratosfere terresti ce n'è parecchia.  Apre questo viaggio ipnotico dal respiro affannoso (Bury the Sun and the deer will reveal your destiny) qqqØqqq con sferzate post-rock dalle derive post-industriali e siderurgiche, sonorità aggressive e corrosive che finiscono per fare impoldere a livello atomico i cardini del portone d'ingresso che immette in quella sorta di stabilimento sotterraneo dove si produce una fonte di energia alternativa al sole. KAOSMOS chiude l'audiocassetta (There is no sin uncommited under the Sun) con un prolungato drone-ambient che sublima in geomtrie oscure e spettrali, insomma: glaciale ma allo stesso tempo inquietante. Quel ripetuto, incessante e mentalmente invasivo rumore che somiglia ad una catena in funzione di un vecchio ascensore, preannuncia una ricercata esplorazione, una repentina discesa verso sterminati strati di permafrost alla ricerca di oceani composti da limpidissima acqua dolce.

Probabilmente non si capirà granché da queste poche righe, ma sta di fatto che questo split finirà in top ten. Tape rilasciato in 60 copie dalla comunione artistica di varie etichette (Casetta, Avosync, Solium, È un brutto posto dove vivere, Contemplatio) in una gustosa e trasparente edizione. 
Supportate gente... supportate!


23 novembre 2019

FAIS/SALIS/SANNA - Earthworms [Aural Tempel, 2019]

- Earthworms -

Sorrido. Leggendo i tre nomi che han partecipato alla realizzazione di questo disco mi sembra di avere tra le mani una raccolta di canti popolari sardi. Emanuele Fais già lo conosciamo (vedi il recente Bardo dell'autodistruzione), mentre gli altri due banditi (si scherza eh) che rispondono ai nomi di Giacomo Salis e Paolo Sanna non ricordo di averli mai musicalmente incontrati.

Premssa, il condominio non è un grande fan della musique concrète, ma piuttosto che ascoltare Iron Tizy faccio questo atto di coraggio e mi sparo in cuffia Earthworms. Questa è musica (molti diranno di no) seria, non è per tutti e ci vuole molta conoscenza della melodia per improntare una traccia con il solo uso di ritagli sonori ottenuti dagli oggetti per farla risultare limpida e lineare, altrimenti il rischio è quello di non aiutare l'ascoltatore affinché arrivi a terminare il disco, ma credo che gli stessi autori ne siano al corrente.
Detto ciò, gioisco nel ravvedere qualche impercettibile molecola industrial (Untitled 2), dopodichè ci si può sbizzarirre con le iperboliche frequenze radio e una vasta gamma di oggetti più o meno riconoscibili: parafrasando la celebre frase del canarino Titti 'oh oh, mi è semblato di vedele un gatto', qui sembla di sentire bicchieri di vetro, carta vetrata, scodelle in acciaio e molta altra ferraglia (più o meno arruginita) che fra loro collidono, sfiorano, schizzano etc etc. Suona tremendamente impro ma in realtà è ragionato nei dettagli, me lo fa pensare quel sottofondo simile ad un drone temporalesco che tenta di fuoriuscire da una sigillata camera iperbarica (Untitled 5) con lo scopo di aumentare quella sensazione di epidermica grattugiata.
La traccia di chiusura è hors categorie: nonostante affetti e percuote la mia ormai cortocircuitata mente, riesce comunque a defibbrillare i neuroni drogandoli con i ricordi delle insanguinate lame dei Last Few Days, e ho detto tutto.
Dopo l'ascolto completo di Earthworms hai stampate nella memoria, come fosse un indelebile tatuaggio, le parole usate come nome da due italici act, ovvero: una Massa Sonora Concentrata che incontra la Musica da Cucina, con in più qualche metallico impulso vermicolare, il riferimento ai sotterranei vermi del titolo non è puramente casuale.

Le trenta copie di Earthworms escono in un gustosissimo vinilico CDr per la Aural Tempel, artwork, come al solito, curato dal buon Enfaisema. Esiste anche una versione limitata in cui viene allegata - meglio allagata, visti gli alluvioni di questi giorni - in formato A4 la copia originale della grafica usata per la coperina.

22 novembre 2019

CHICALOYOH - L'inventaire des disparitions [Magia Roja, 2020]

- L'inventaire des disparitions -

Era da un po' di anni che non scrivevo due righe su Alice Dourlen in arte Chicaloyoh. Personalmente la seguo fin dagli esordienti rilasci privati in cdr (In my garden shed) e dalle cassette di Folle Eglise, e ho avuto persino la fortuna di assistere ad un suo concerto nella mia città Torino. Un percorso musicale di ben quasi dieci anni carico di emotività e sperimentazioni sonore che han portato la giovane artista francese a un livello mondiale, nel frattempo si è trasferita dalla solitaria e distante Cherbourg alla sempre più attiva Nantes, facendo addirittura nascere una piccola etichetta immaginaria (Le Label Imaginaire).


E così, assai sorpreso, un giorno di novembre ricevo nella mail privata un suo messaggio che annunciava l'imminente nuovo lavoro dal titolo L'inventaire Des Disparitions, allegando - in francese e probabilmente la più bella e interessante press-kit che abbia mai ricevuto - tutta una serie di pagine, poemi, schizzi e ricerche giornalistiche servite come fonti di ispirazione per la nascita di questo futuro disco che uscirà in vinile per la spagnola Magia Roja (300 copie).
È senza dubbio il suo album più complesso, ad un primo approccio le dodici brevissime tracce sembrano non avere una lineare struttura, e in realtà è proprio così, almeno a livello di sonorità, in quanto molteplici sono i generi musicali racchiusi in questa ibrida e sperimentale forma audio. Il collante comunque c'è ed è da ricercare nella intimità dei brani, che quasi sempre nascondono timidi aspetti malinconici tendenti alla evanescenza che finiscono per focalizzarsi nella propria personalissima interpretazione del concetto di 'sparizione'. 


Dicevamo un collage di stili, si comincia con le introduzioni robotiche (Impulsions soniques) per finire con un breve e allegro siparietto giovanile che introduce l'arrivo di un natalizio zampognaro o di vecchi motivetti popolari (Jamais pour rien). 


Tristi filastrocche (Tatitalerta avant de dormir), inquietanti sottofondi gotici e drone-ambient, subliminali messaggi e ammalianti canti di sirene (Psychophonie pour les oiseaux disparus) si aggiungono subito dopo. Bambinesche rivistazioni di canti armeni (Boli Armenii), malinconici rimandi a cantici del sol levante (A peine eut-elle le temps de) e una strana, tetra e abissale forma jazz-noir (L'amour en fumée e Des mains fermant des bouches) saturi di magia come fossero rituali voodoo (L'envers du décor) amplificano i contenuti sperimentali.


Infine, cattedrali industriali che interagiscono con distorti e cartacei field-recordings modulandosi in poetiche strutture alla musique concrète (L'orchestre des petits papiers) e meste ballate che risuonano per le strette vie e buie di un borgo medievale bretone in gelide notti invernali (Hymne à L'Ouïe e Lèche la confiture).



L'inventaire Des Disparitions uscirà il prossimo febbraio, intanto date un ascolto, memorizzate i link e poi fateci un serio pensierino. 
Consigli per gli aquisti 2020? Assolutamente sì.

17 novembre 2019

GOLDEN HEIR SUN - Holy The Abyss_The Deepest [La Speranza, Toten Schwan, Karma Conspiracy]

- Holy The Abyss_The Deepest - 

È assai probabile che il buon Marco Valenti di Toten Schwan prima o poi ci uccida. Lo so, ma se abbiamo la possibilità di acquistare un nastro, undici volte su dieci la scelta cade sul tape. Di cosa stiamo discutendo? Ovviamente di Holy The Abyss, il nuovo lavoro di Matteo Baldi alias Golden Heir Sun e già chitarrista nei veronesi WOWS.

L'approccio di entrambe le due lunghe operette è intenso, cupo e mesto, lo si avverte chiaramente anche solo leggendo i titoli. La struttura di Holy The Abyss è un continuo crescendo, tipica del genere post-rock, raggiungendo l'apice nei momenti/passaggi in cui strazianti urla squarciano quell'atmosfera profonda e malinconica. Quella forte componente dronica è presente su entrambe le tracce, conferendo spessore, pesantezza e sensazioni opprimenti come se qualcuno ci stesse comprimendo la gabbia toracica facendoci perdere lentamente il fiato fino al soffocamento. In The Deepest, poi, la parte ambient, che si sostituisce a quella strumentale presente nella traccia titolo, amplifica la compattezza ma annulla totalmente l'aspetto malinconico tramutandolo in un vero e proprio sogno, come una sorta di ricerca della tranquillità all'inverso, ovvero verso le oscure profondità abissali, e forse è per questo motivo che le due tracce, nonostante la diversità sonora, si complementano. Entrambe le suite sono eccellenti, tanto che abbiamo fatto molta fatica a scegliere quella più adatta al violaceo condominio, solitamente qui siamo malinconici ma oggi ci va di sognare.

La versione in formato digipack cd la trovate presso la Toten Schwan o Karma Conspiracy, mentre, se volete prendere due piccioni con una fava (perchè il lato B è coperto dalla bonus track The Deepest) potete scegliere la cassetta, rilasciata in 50 unità da La Speranza Records. Menzione speciale per le grafiche curate da Coito Negato ed Elide Blind.

16 novembre 2019

NAOTODATE - See You, Zed [Mu, 2019]

- See You, Zed -

Un lavoro del genere non deve passare inosservato, spero che da queste poche violacee righe qualcuno le legga in modo tale da raggiungere lidi più eccelsi che un semplice blog. Nonostante fosse nel giro della Dio Drone, non conoscevo il fiorentino Nicola Savelli (batterista, percussionista e dj) alias Naotodate, ora cercherò di trovare un minuscolo spazio nella ormai vecchia e malandata memoria.

Prima di lasciare andare la cervellotica fantasia, cominciamo nel dire che questo album si chiama See You, Zed, e prende ispirazione dal libro di Philipp K. Dick Le tre stimmate di Palmer Eldritch (1965).
Si comincia con Ready, Unsteady, se non sapessi che si tratta di una tape penserei alla puntina di un giradischi mentre graffia il vinile, in realtà, dopo che il volume aumenta si manifesta in tutta la maestà temporalesca di ultrasoniche diffrazioni e rifrazioni elettroniche che rimbalzano all'interno di una struttura cristallina esagonale compatta fino all'esaurimento dei decibel, quasi 13 minuti di continue e invasive perforazioni laser cortico-neuronali che servono da introduzione per le ripetute scansioni cardiache techno-industriali (By THe River of Eskaton) dagli influssi arabeschi: un modo efficace per tenere sempre attivo il cuore dopo che il cervello è stato messo in una regressiva fase comatosa.
C(at)haostrofe per quanto è magistralmente aggressiva e tagliente nei suoni si rischia di finire direttamente al pronto soccorso per multiple escorazioni interne e improvvisi crisi epilettiche.
Chiude See You, Zed attraverso una sofisticata e anestetizzante modalità requiem, ovvero un subliminale messaggio sonoro che avverte della fine degli effetti allucinogeni della droga Chew-Z.

Insomma: un disco che fa fisicamente male, e per questo al condominio HgM piace assai. Vi ricordiamo che questo quinto capitolo della fantascientifica collana Nuit della Mu Versatile Label è limitata a solo 50 copie: affrettatevi!

15 novembre 2019

BOSCHIVO - Bardo dell'autodistruzione [Aural Tempel, Casetta, Toten Schwan, 2019]

- Bardo dell'autodistruzione -

Certo che Emanuele Fais alias Boschivo (ma anche Pioggia d'Ambra) è davvero un personaggio eclettico a livello musicale, e tutto questo è assai intrigante, non sai mai cosa aspettarti. Queste violacee pagine avevano lasciato il mistico-psichedelico-industriale Boschivo con Uno sguardo nella fabbrica dell'esistenza, lo ritroviamo adesso con questa versione maledettamente weird-folk dalle marcate sfumature noir.

Lo scrivo subito: questo lavoro, dal titolo Bardo dell'autodistruzione, è proprio bello. Solitamente non gradisco il folk cantato al maschile, e infatti non ne ricordo molti, non so se il poliedrico Fais conosca già, ma per certi versi si può accostare a The Skeleton's Keys (Tapemancy, 2013) di quel solitario e misterioso musicista britannico conosciuto con lo pseudonimo di The Transmutations.
Un disco da incorniciare: gli strimpellamenti appaiono come una sorta di pennellate acide e avvolgenti (Distorta luna sterile) mentre la voce non fa altro che delineare i mesti contorni dell'autoritratto del Boschivo poeta alle prese con la scrittura di quegli ultimi messaggi sigillati in una bottiglia, affidati alle onde del mare e trasportati alla deriva. Sonorità perdute nello spazio e nel tempo, abbandonate, sofferte e disperate, d'altronde il termine 'autodistruzione' mica si sceglie per per caso.
Comunque, alla fine di ogni ascolto - non so perchè, ma forse sì, però non ve lo dico - rimane impressa questa immagine: una sbiadita e oscura istantanea del condominio, un caminetto acceso, una flebile fiamma tendente allo spegnimento, la stanza satura dell'odore di legna arsa e un leggero retrogusto amarognolo in bocca come quello di un buon bicchiere di Bardolino rosso ( soprattutto la traccia titolo con quegli effetti morenti e gotici).
Canzone preferita La danza perversa delle falene: chi scopre perchè gli regaliamo qualcosa del malato catalogo.

Lavoro rilasciato in cd dalla triplice alleanza Aural Tempel, Casetta, Toten Schwan, e abbellito dalle meravigliose ed esoteriche grafiche crowleriane realizzate dallo stesso Emanuele alias Enfaisema.
Fossi in lui spedirei una copia del disco al geniale David Tibet... qui l'abbiamo comprato, ma se desiderate qualche impressione in più, beh, fate un'opera buona: acquistatelo!

10 novembre 2019

N. & TESTING VAULT - Poems of the mound [Looney-Tick Productions, 2019]

- Poems of the mound -

Davvero molto interessante quest'ultimo lavoro del poliedrico artista veneto Daniele Santagiuliana alias Testing Vault, album che vede la collaborazione di Davide Tozzoli in arte N., musicista dal volto oscuro con un più che ventennale bagaglio artistico di autoflagellazioni sonore.

Dopo attenti (spero) e ripetuti ascolti si evince chiaramente una forte impronta gotico-horror, nonché sono abbastanza evidenti i rimandi esoterici alle colonne sonore Nekromantik di Hermann Kopp o quei pochi lavori rilasciati da Michael DeWitt (Zero Kama, Korpses Katatonik).
L'inquietante introduzione sotto forma di presagio di morte lascia intendere un lungo e macabro percorso sonoro: un buio, maleodorante e ipnotico viaggio acustico dal quale non puoi far altro che nasconderti all'interno di una spessa bara e insonorizzarla con delle spesse pareti in piombo.

Si procurarono in fretta delle vanghe e la tomba, indecorosamente poco profonda, venne aperta in pochi minuti, quanto bastò per far comparire la testa del suo occupante.

- La sepoltura prematura, Edgar Allan Poe -

Ecco, appunto, questi due diabolici mascalzioni comunque ti inseguiranno, violentando e profanando il tuo putrido cadavere attraverso le riletture a voce alta di questi Poems Of The Mound; già, perchè questo è il titolo di questa persecuzione sonora, anche se, alcuni testi, più che poemi, sembrano litanie, imprecazioni e maledizioni.
Poi sì, se volete l'album musicalmente potrebbe finire nel gran calderone della dark-ambient, nonostante la presenza degli aggressivi poltergeist e delle volatili molecole carbonifere di Lunatic Box, strepitosa traccia che sposta i territori verso una più virulenta death-industrial. Ah! Dimeticavo, non fatevi sedurre dalle ammalianti e carillonesche note di The Last Sunset, restate concentrati e forse vi seppelliranno in superficie, agonizzanti, facendovi morire lentamente per soffocamento.

Un gustoso artwork, due extra track e postcard realizzata dallo stesso Daniele, aumentano il desiderio o prurito di spendere i soldini per questo necrologico lavoro, rilasciato in solo 50 copie dalla inner label Looney-Tick.