26 luglio 2019

CRONACA NERA / TISSA MAWARTYASSARI – Harsh Nurse [BeTon, 2019]

- Harsh Nurse -

Dovevo averlo a tutti i costi. Era lì che urlava di dolore come un leone in gabbia. Sentivo i subliminali e tristi messaggi invadere la mia testa con quel categorico ‘prendimi, ti prego, prendimi’. 
È così è stato, un oggetto dal così alto tasso di malattia doveva per forza finire all’interno del violaceo condominio.

Si chiama Harsh Nurse, ed è uno degli ultimi lavori della nerissima Cronaca nera romana: in questa occasione il solo Adriano Vincenti (MMM, Signora Ward e molto altro) – evidentemente gli altri saranno agli arresti domiciliari – in collaborazione con la messicana/texana Monica Isabel Sanchez alias Tissa Mawartyassari. C’è poco da dire, posso anche chiudere la personalissima classifica dei migliori ascolti del 2019. Mezzora scarsa di rumore sopraffino, non lo definirei harsh, è una forma più evoluta, qualcosa di ruvido e melodico, provoca profonde abrasioni ma al tempo stesso spalma un crema emolliente sopra le ferite con immediati effetti anestetizzanti e anticoagulanti, mentre percuote il cranio come fosse una lamiera arrugginita, inietta nella scatola cranica, attraverso i bulbi oculari e con pesanti aghi veterinari, gelide nuvole di incenso al gelsomino provocando sensazioni di sballo, agio e benessere mentale. È come un tritatutto industriale, vorrebbe gettarti in un cassonetto per la raccolta differenziata accartocciando e riducento il tuo umile corpo in un'unica massa a forma di pallina composta da ritagli di alluminio e ossa sminuzzate, ma nel frattempo ti riverisce offrendoti del gustoso assenzio senza fartelo nemmeno pagare. Personalmente penso sia un disco di incorniciare, uno di quelli da imitare (non copiare) e studiare per coloro che sono ai primi approcci col noise, insomma: roba da academy awards! Per la cronaca, questo gioiello è uscito in edizione limitata a 54 esemplari per BeTon (leggasi Tavole Anatomiche) di Antonio Benini: titolare delle suddette etichette indipendenti dai packaging fantasiosi e superlativi, un personaggio anch'esso da prendere come esempio per impegno, cura e dedizione nei dettagli.

In questo momento sono la persona più contenta dell’universo conosciuto. Chi è avvezzo alla lettura di queste desolanti pagine conosce la nostra avversione verso i clericali voti, questa volta però ci tocca: avrei voluto dare un 10, però ci limitiamo ad un discreto 9.95, ma solo perché sarebbe stato più bello avere tra le mani un bel nastro magnetico anziché un cd.

20 luglio 2019

TESTING VAULT - Amnesia Milk [Looney-Tick, 2019]

- Amnesia Milk -

E' stato un 2019 ricco di produzioni e collaborazioni per Daniele Santagiuliana alias Testing Vault, e pensare che l'anno non è ancora terminato. In pausa e reduce dagli stressanti impegni esterni, scriviamo due righe su Amneisa Milk: cento copie in un delizioso formato cd con altrettanto disco bonus (Looney-Tick Productions).

Impressioni (tante e tutte belle) ricevute tramite i notturni suggerimenti condominiali. Lo ricorderemo perchè suona tremendamente morente: una sorta di requiem per persone introverse realizzato da tristi ectoplasmi provenienti da un profondo abisso sotterraneo che inscenano egregiamente un concerto con malefici rituali voodoo e tavole ouija che emettono penentranti e sibilline comunicazioni dall'aldilà sottoforma di EVP (Electonic Voice Phenomena). Borderline, bisbiglio latente, psichiatrico, psico-analitico e psicofonico.
Il disco bonus allegato, per la ruvida delicatezza dei suoni (Fingers In The Hole), per l'atmosfera malinconica (Coda II) e per quel particolare senso di smarrimento mentale (Coda I), è oltremodo superlativo: il livello di dedizione e concentrazione nella ricerca dei dettagli sonori (e non solo) è paragonabile a quella di una minuziosa cerimonia religiosa 
(purtroppo le tracce non si possono ascoltare dal web, quindi, o vi fidate oppure acquistate il disco).

Conclusione. Se non sapessi di chi è, avrei ipotizzato che Amnesia Milk fosse uno di quei lavori ritrovati, sì, uno di qulli sconosciuti e underground persi in uno scantinato, e appartenente a quella florida costola del panorama post-industriale e sperimentale tedesco anni Ottanta e che venne definito NDW (Neue Deutsche Welle), con particolare attenzione, vicinanza e attitudine ai HNAS (Hirsche Nicht Aufs Sofa) e Der Plan.
Che dite: ho scritto una minchiata?

17 luglio 2019

CULT OF TERRORISM - Megváltozhatatlanság [Toten Schwan, 2019]

- Megváltozhatatlanság -

‘Oh, tenete a mente questi nomi eh!’

Questa è la frase con cui il 4 dicembre 2015 l’amministratore di condominio di queste violacee pagine concluse l’articolo riguardo uno split-tape fra Lamia (di cui mi piacerebbe risentire cose nuove) e, appunto, Cult Of Terrorism. Mi sa che per una volta forse ci ho preso, e la prova che dietro quel moniker (vero nome Joshua Pettinicchio) e quell’unica traccia si nascondeva un artista musicalmente molto interessante, l’ho avuta con l’album Il freddo di quel che esiste (Dio Drone, 2017).

‘Megváltozhatatlanság è un inno per chi vuole solo trovare la pace con se stesso’

Leggendo questa breve descrizione (ricordo che Megváltozhatatlanság in lingua ungherese significa immutabilità) che lo stesso dal del disco, ho esclamato: ecco, non fa per me, ma solo perchè qui si è tossico-dipendenti da diagio. Poi, però, l’ho ascoltato ugualmente (son mica così cretino), più che altro per avere termini di paragone con il precedente, che apprezzai molto.

Dunque, non conosco personalmente il buon Joshua, ma da questo nuovo percorso sonoro ho idea che la pace l’ha già trovata. Un viaggio che non ha intrapreso in solitario, bensì accompaganto da quattro fedeli confalonieri dell’immutabiltà (52-Hearts Whale, Valerio Orlandini, Testing Vault e meanwhile.in.texas). Sonorità rarefatte che inchiodano e incollano il viaggiatore, con lo scopo di giungere davanti al divino (Qualcosa è perduto) con un bagaglio di prospettive e visioni ultraterrene (υπναγωγικών). 
Lavoro complicato (nel senso buono), un viatico lento, un declino gelido, esoteriche formule che portano ad un totale annullamento tridimensionale (Mitochondria): la sensazione percepita è la stessa di quella che avvertono gli eschimesi all’interno di un igloo mentre fuori imperversa una violenta tormenta di neve, con l'aggravante che sta maladetta bufera dalle atmosfere cupe e ossessive è stata provocata artificilamente da quel genio delle manipolazioni dei suoni ambientali che risponde al nome di meanwhile.in.texas
Immutabilità va a braccetto con immobilità, e infatti, c’è presenza di virus o batteri che causano effetti (quasi) isterici, Orlandini, soprattutto, si inserisce a gamba tesa nel tema dando forme sacrileghe e sostanze horror alla propria Fortezza delle spine: una sorta di immobilità schizofrenica da autoflagellazione con pesanti cilici. Daniele Santagiuliana (Testing Vault), invece, gioca e scherza a incatenarci con impedenze e resistenze elettriche, creando delirio e disorientamento come fossimo dentro un labirintico circuito elettronico: apri-chiudi, on-off e failure!

Gli artwork che accompagnano il cd visti dal web non mi piacevano, ma ora che li osservo tra le mie mani devo ammettere che sono davvero belli: Megváltozhatatlanság esce per la Toten Schwan in edizione limitata a cento esemplari, passate a dare un ascolto e occhiata. 
Comunque, questa è la prima bozza che è uscita dalla mente malata, era piena notte e con un po' di birra in corpo, se non piace, pazienza: 
non si replica (sorriso).

11 luglio 2019

MURMUR MORI - Joi, Solatz e Dolor [Casetta, 2019]

- Joi, Solatz e Dolor -

Due righe veloci però le voglio scrivere. Non di dilungo più di tanto coi cenni biografici poiché ormai sono una valida e nota realtà musicale dell’italico (e mi sa non solo) panorama neofolk-indipendente. E così, la quarta e ultima fatica musicale (si fa per dire, secondo me si divertono davvero tanto) dell’ormai collettivo Murmur Mori si chiama Joi, Solatz e Dolor, ed esce per la Stramonium e Casetta in formato Cd, corredato come al solito da un gustosissimo booklet di ben 12 pagine.

Accattivanti filastrocche dagli spensierati e amorevoli rimandi alla bellezza della natura. Melodie folk dal timbro medievaleggiante, dei giovani menestrelli in cerca di un nuovo padrone a cui chiedere di poter cantare in tranquillità le proprie gioie, sollazzi e dolori. Canzoni ricercate a livello strumentale, ottimi come al solito testi e parti vocali, insomma: fortificate con amore, è sempre una immensa gioia ascoltare le loro soavi armonie.
Una collaudata formula che non ha ancora fallito un colpo. Un discreto lavoro, tutte tracce che si lasciano ascoltare gradevolmente, con quel forte prurito o voglia di riascoltarle immediatamente dopo, ecco, magari non in casa, ma viaggiando con la mente, pensando di passeggiare al crepuscolo tra le rovine di un castello abbandonato o fra le strette vie di un antico borgo medievale bretone, filosofeggiando formule magiche, sorseggiando del buon sidro e respirando aria druida.

Visto che li seguo fin dagli esordi e posseggo fisicamente tutti i loro lavori, se devo fare una sorta di classifica, lo ritengo un gradino sotto a Radici (tra i migliori dischi italiani che abbia ascoltato negli ultimi anni), anche perché canzoni/melodie come La tomba nel Busento o Il gomitolo Rosa ti rimarranno nella testa a vita. Ricordandovi che una parte del ricavato delle vendite verrà devoluto al fondo forestale, per il resto: 
affidabilità top!

10 luglio 2019

PETROLIO / MADEMOISELLE BISTOURI - Playing with aliens / Ass is worth [Luce Sia, 2018]

- Playing with aliens / Ass is worth -

È dal 2015 che non scrivevo due righe su quel monello di Claude Ashwood from Brescia (vedi Black Mass For White Souls) aka Mademoiselle Bistouri: vabbè, ma lui ormai è famoso universalmente che non necessita di ulteriori verifiche. Questo split - uscito nel tardo 2018, 60 copie in cassetta, rilasciate dalla celebre Luce Sia - con l’astigiano Enrico Cerrato alias Petrolio è l’occasione giusta per ritornarci su, dal momento che entrambi gli act (visti anche in versione live) continuano a soddisfare il sempre più malconcio padiglione auricolare di questo violaceo condominio.

Playing With Aliens è il titolo che Petrolio ha scelto per la sua parte di elettronica sperimentale (questo è il testo che si legge ovunque). Quattro tracce per poco più di venti minuti di Sfida all’ok Corral. Già, questo perchè l’impressione trasmessa da questa breve pellicola a colori è la stessa di una ambientazione western futuristica in un pianeta alieno (Unsane). 
Come il cianoacrilato vorresti non restare incollato, vorresti saltellare e toglierti le cuffie, ma purtroppo qualche lieve goccia riesce a sfuggire dal tubetto tanto da rimanere inerme come gli insetti nella carta adesiva moschicida. Acicularità nei suoni, laser e frequenze distorte, pulsantiere switch on/off, aggressioni industrial-noise (Betrayed By Fur) completano la colonna sonora: dead human!
Sul Bistouri, ahimè, questa volta mi devo ricredere: Ass Is Worth è HNW, nudo e crudo, urticante, che però piace. L’approccio è (ovviamente) legato o a mutilazioni oppure pornografia, ma di un certo livello, quella realizzata in set da falegnameria industriale abbandonata. Avverti sensi di svenimento, circolarità (non intendo aureole neh) al cervelletto, destrutturazioni, distrazioni (anche muscolari), distruzioni e masturbazioni (quelle tante).
Cazzo (e stavolta ci sta!) se graffiano sti venti minuti, peggio delle affilate lame di Freddie Kruger, e la cosa bella è che sembrano essere accompaganti da un crudele e inquietante rumore di sottofondo mozartiano: monolitico!

L’esame l’abbiamo passato, siamo ancora tutti interi. Alcune copie sembrerebbo essere ancora disponibili. Nel caso vi capitasse un'occasione, fateci un pensierino, e comunque, queste poche righe son state scritte in una delle tante notti di insonnia condominiale, ma rileggendole ora ci accorgiamo che: tutto ciò non ha alcun senso (e sorrido). 
Buon ascolto.

9 luglio 2019

LEATHER PARISI - Culto del Ratto [The Clap, 2019]

- Culto del Ratto -

Prima o poi doveva accadere che a Torino ne vedessi uno di questi luridi ratti. Così è stato, ed infatti, nel primo mese di questo 2019, 
questo schifoso e pestilenziale topo di fogna sabaudo che si fa chiamare Leather Parisi, comincia a infettare la popolazione mondiale spargendo il proprio ceppo virale veicolandolo attraverso aggressive e carnivore bordate noise (Corridoio).

L’album non a caso è stato intitolato Culto del Ratto, ed è uscito in tape e in edizione ultra limitata (10 copie) per la britannica The Clap: giovane label dal catalogo assai intrigante (vedi Sex tape). 
E proprio perché, come si sa, un ratto, corre veloce e morde, bisogna scappare (se volete) o starci dietro (consigliato), un beat dietro l’altro. Inseguimento è, dunque, il termine più adatto per descrivere questo disco: fa sanguinare dappertutto, escoriazioni neuronali e abrasioni epidermiche, è graffiante quanto gli artigli di un gatto, prende a martellate la scatola cranica ed è corrosivo quanto il fluido ematico dell’Alien di Ridley Scott. Traccia preferita: Pollock!

Un lavoro davvero notevole, forse un tantino lungo. Quello che più ha affascinato del disco è che si avverte sempre quella atmosfera cibernetica, robotica, technoide e industriale, tanto che si potrebbe addirittura usare come una sorta di nuova soundtrack per il nuovo capitolo della saga Terminator dal titolo: Leather Parisi Vs Skynet 2176. 
Mi spiace, ma per chi è arrivato tardi, il nastro è andato sold-out quasi subito, però potete ascoltarlo qui sotto.

5 luglio 2019

FOSSADELRUMORE - Tafari [Multiple, 2019]

- Tafari -

'Ancient rituals flow into a mystical future'

Il fiorentino Pietro Michi alias FossaDelRumore (leggasi anche Biodiversità Records) è uno di quei musicisti italiani che più riesce a mettere in difficoltà il condominio. Non sai mai cosa aspettare, trasversale come approccio al suono, perché dalla propria fossa del rumore scrosta e codifica quei messaggi alieni sepolti o nascosti in tempi remoti al di sotto della crosta terrestre, per poi svilupparli sottoforma di nuove linee guida: droni e field-recording extraterresti e metafisica industrial-noise dal meccanismo rituale, come in questo caso.

Il nuovo lavoro si chiama Tafari, esce in audiocassetta per la romana Multiple, in edizione limitata a solo trenta copie. Nel sottolineare il mastering di Luciano Lamanna, il disco parte a razzo - eufemismo per dire che i primi flebili rumorini si distinguono soltanto dopo un minuto - con Ras e quella sorta di profondo drone generato dallo strisciare di una interminabile carovana di formiche soldato nel lungo percorso verso il proprio rifugio. Tafari ha un effetto sottovuoto e per certi versi perfino vitreo: minuscoli granelli di silicio che, volteggiando in una trasparente campana di cristallo, scontrandosi con atomi di gas inerte presente all’interno, generano micro esplosioni nucleari, e, se tutte le tempeste di sabbia (Sandstorm) fossero così, ovvero meno abrasive e caotiche ma più minimali e ritmate, probabilmente ci si potrebbe surfare sopra. 
Chiude questo flusso di antichi rituali la triplice versione di Caravan, una più emozionante dell’altra. Di iniziazione con martellamenti e pistoni pneumatici in movimento (W/Obma), di accelerazione (Nigh/T\mare tribe deconstruction) oltrepassando la fascia di Kuiper, respirando materia oscura e schivando pianeti, pianetini e asteroidi, technoide-industriale (User from PT variation) dai rimandi/omaggi ai sperimentali anni Ottanta 
(Hunting Lodge, Test Dept e 23 Skidoo).

Tafari è sicuramente una buona prova, per palati fini. Come al solito, qui non si concedono voti o grazie - quelli li trovate nei luoghi di culto - ma solo personalissime impressioni. Buon ascolto.

4 luglio 2019

BANISHED PILLS - Patterns of death [Sounds Against Humanity, 2019]

- Patterns of Death -

Edoardo Cammisa, unico team leader del progetto Banished Pills nonché gestore della etichetta indipendente (quasi) torinese Sounds Against Humanity, torna con un nuovo entusiasmante lavoro dal titolo Patterns of Death, seguito del precedente (Patterns of Life) del 2017.

Siccome il titolo è abbastanza esplicito, ho pensato: mica mica il buon musicista piemontese ha confezionato sette differenti modalità su come uccidere qualcuno? Può essere neh, e quindi: giochiamo.
Eddai, visto che trattasi appunto di schemi mortali, possiamo provare ad associare - ciascuno attraverso le proprie impressioni uditive - ad ogni traccia una tipologia di morte, quelle del violaceo condominio, dopo ripetuti ascolti obbligatoriamente eseguiti con cuffie, han portato ai seguenti risultati.
Sonorità glaciali, infettive, taglienti, lamiere arrugginite dai chiari rimandi siderurgico-industriali (Even your beuaty has decayed): morte per stress da lavoro correlato.
Cartoline ambient, grigia nuvolosità, percorsi d’acqua che squarciano la tetra oscurità boschiva (I don’t to be the one who has to fil the silence e Mama, papa is wounded!): morte per annegamento in un melmoso stagno all’interno di un angolo sperduto del Gran Bosco della Val di Susa.
Sondaggi dronici, pulsazioni parkinsoniane e un sequenziale battere arterioso come anticipazione per un definitivo fallout mentale (Bent back): morte cerebrale.
Primi sintomi per una imminente autocombustione (Oh no, look what you have done): self burned, insomma, un quasi suicidio.
Prurito epidermico dovuto al repentino passaggio della corrente elettrica, ellittici impulsi magnetici che creano una sorta di gabbia di Faraday dalla quale non poter fuggire (Some failures are better than others): morte da folgorazione.
Infine, per il totale caos, le dissonanti voci, i suoni ambientali cittadini, i motoristici rumori e le sgommate sull’asfalto, Weltanschuung è chiaramente una morte da città, qualunque essa sia, da incidente stradale, da caduta per le scale o da asfissia in ascensore.
Traccia preferita? Non ve lo dico, scopritelo da soli. Unica nota negativa, che però non influisce minimamente sull’alta qualità dell’album, è la sua lunghezza: più di 60 minuti son sembrati troppi.

Cinquanta copie in tutto, audiocassetta come al solito ottimamente confezionata e copertina che sembrerebbe condensare in un’unica immagine entrambi i lavori: una sorta di specchio riflettente dove la sezione più nitida (la Vita) si contrappone ad una più sbiadita (la Morte). Uno di questi schemi qui è giunto per gradito omaggio (grazie), ma l’acquisto è doveroso.